Fotografare la penisola di Reykjanes

Fotografare Reykjanes - www.ishoottravels.com your ticket to travel photography. Blog di fotografia di viaggi. © Galli / Trevisan
Fotografare la penisola di Reykjanes

L’esperienza che abbiamo avuto nel fotografare la penisola di Reykjanes è la classica rappresentazione di come, in fondo, anche un’esperienza inaspettata e non programmata possa offrire delle splendide sorprese.

Infatti, quando abbiamo programmato il nostro viaggio fotografico in Islanda, avevamo deciso di affrontare la Ring Road per intero, il Golden Circle e la visita a Reykjavik. L’ultimo giorno di viaggio era destinato proprio alla visita della capitale islandese. Purtroppo però, da un punto di vista metereologico, la giornata è stata tutt’altro che clemente. Pioggia sottile e ventosa per tutto il giorno: non di certo il clima ideale per una passeggiata fra le vie della città. Questo a fatto si che, una volta visti i principali siti di interesse di Reykjavik (di cui abbiamo parlato nel post specifico), forti anche di una grande nostalgia per quella natura immensa e incontaminata che abbiamo vissuto fino a poche ore prima, io e Sara abbiamo deciso di abbandonare Reykjavik e sfruttare le ultime ore prima di dirigerci all’aeroporto di Keflavik, per visitare la penisola che lo accoglie.

È vero, Reykjanes era fuori dal nostro itinerario; non era contemplata anche perché, leggendo online, ci eravamo fatti un’idea distorta: nulla di particolare da vedere, solo gli enormi impianti geotermali che producono acqua calda e riscaldamento per la capitale. In effetti è vero, gli enormi impianti geotermali ci sono (e sono ben visibili), però questi sono molto affascinanti, fotograficamente parlando. E comunque non è tutto, infatti, oltre a questi, abbiamo visto delle meraviglie naturali che non sono di certo seconde ad altri luoghi ben più quotati di questa incredibile isola.

Come detto sopra, la penisola di Reykjanes è la penisola stessa che da il nome alla capitale ed è l’area circostante l’aeroporto. Per tale ragione è un sito estremamente comodo, da un punto di vista logistico, da raggiungere. Che sia all’inizio o alla fine del vostro viaggio il mio consiglio è: dedicategli almeno qualche ora: non fatevela scappare.

Nello specifico la nostra esperienza si è concentrata su quattro elementi:

I campi di lava

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Benché non siano di certo una peculiarità di questa regione ma sono un po’ uniformemente distribuiti in tutta l’isola i campi di lava della penisola di Reykjanes sono fra i più vasti e belli. Individuarli non è affatto difficile, anche perché li vedrete frequentemente anche a bordo strada. Vi basterà guidare e guardarvi attorno qua e la ogni tanto :-). Fondamentalmente l’Islanda è il paese, geologicamente parlando, più giovane del pianeta e non sorprende che numerose fumarole, vulcani (attivi e non ) ed enormi riversamenti lavici (che vanno appunto a formare i campi di lava, o lava field) siano gli elementi naturalistici che costituiscono buona parte della geologia dell’isola. Questi si presentano come degli enormi campi ondulati rivestiti da un soffice muschio color grigio verde. Visivamente sono bellissimi, tuttavia prestate attenzione. 

Se voleste decidere di fotografarli raccomando di addentrarsi in essi con la massima prudenza. In primo luogo perché è un’ecosistema raro e fragile, per cui è una natura che va oltremodo rispettata. In secondo luogo perché sono molto insidiosi. Benché camminarci sopra dia la sensazione di camminare su un’enorme lettino di gommapiuma, sotto di esso vi è acuminata e tagliente roccia lavica. Inoltre il muschio che ricopre i campi crea uno strato che copre anche zone dove, al di sotto di esso, non vi è il suolo. Questo significa che magari state camminando su un soffice manto e improvvisamente può succedere che vi manchi letteralmente il suolo sotto i piedi, rischiando di farvi cadere o sprofondare, anche per dei metri.

Fotograficamente parlando si prestano sia a scatti panoramici, paesaggistici, con larghi grandangoli che mettono in primo piano il muschio stesso, sia a immagini più strette e astrette, evidenziando in questo senso pattern e texture. Io ho scelto uno scatto “atipico” per quanto concerne la fotografia di paesaggio: ho infatti scattato verticalmente, in modo da dare maggior enfasi ai campi di lava in primo piano.

Le stazioni geotermali

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Partendo dall’aeroporto di Keflavik, guidando in direzione sud lungo la statale 425 vi imbatterete di certo in queste aree fumose da cui viene estratta l’acqua calda dal sottosuolo e portata, attraverso delle enormi condutture (o pipes), verso la città di Reykjavik e dintorni.

Ad attirare la nostra attenzione sono state proprio queste ultime, in quanto è sorprendentemente fotogenico il mix fra una natura frastagliata, brulla, quasi marziana e questi tubi che disegnano sul suolo strani pattern geometrici. Anche in questo caso ho prediletto uno scatto verticale per esaltare i pipes.

Bridge Between Continets

Benché, fotograficamente parlando, questo punto non rappresenti una metà di interesse rilevante, vi ci imbatterete sicuramente scendendo verso sud, verso le scogliere di Reykjanesta, per cui val la pena una sosta. Geologicamente parlando infatti, questo punto rappresenta l’unico punto fuori terra in cui il continente americano e quello europeo si toccano. Per noi è stato comunque emozionante.

Scogliere di Reykjanesta

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Ora giungiamo alla parte bella. Le scogliere di Rejkyanesta. Per raggiungere basta seguire la mappa che abbiamo preparato a inizio articolo e, una volta individuato il faro, cercare l’area dove parcheggiare. Prestate prudenza alla guida, poiché l’ultimo tratto di strada è sterrato e in pessime condizioni.

Una volta raggiunte le scogliere l’esperienza visiva sarà magnifica. Scogliere nere a picco sul mare, splendidi faraglioni e, sullo sfondo, l’infinito dell’Oceano. Per avere il miglior punto di vista vi dovrete addentrare, fra rocce, e scendere dalla scogliera per poter raggiungere il livello del mare. Anche in questo caso siate molto prudenti. È un’operazione da sconsiderati, pericolosa, nella quale si può rischiare la vita (in Islanda più persone sono morte negli ultimi anni a causa dell’oceano). Basta infatti un’onda anomala ed ecco che in un attimo possiamo venire travolti dalle acque gelide del nord. Io l’ho fatto, sono sceso sul mare fra i faraglioni, cercando però di adottare le precauzioni di sicurezza massime. Su tutte quella che più mi ha trasmesso maggior sicurezza è stato aver Sara che dall’alto della scogliera mi faceva da vedetta avvisandomi (attraverso walky-talky) in caso avesse avvistato qualche pericolo.

Il motivo del perché per me era così importante avvicinarmi il più possibile al livello dell’acqua è che, fotograficamente parlando, volevo realizzare uno scatto nel quale l’acqua, grazie ai tempi lenti, andasse a creare una sorta di nuvola dalla quale emergevano le rocce. Per realizzarla, una volta individuata la composizione che più mi piaceva, ho utilizzato un grandangolo, filtro ND, filtro NDgraduato (per approfondire vede I Filtri e I Filtri parte II), l’immancabile cavalletto e una certa dose di incoscienza.

Sono però tornato in direzione Italia con quest’ultima foto che, dal mio punto di vista è stata una delle più soddisfacenti di tutto il viaggio.