Fotografare uno sconosciuto. Parte II

Fotografare uno sconosciuto II www.ishoottravels.com your ticket to travel photography. Blog di fotografia di viaggi. © Galli / Trevisan
Fotografare uno sconosciuto Parte II

Ho già parlato di questo argomento nell’articolo Fotografare uno sconosciuto. Questo vuole essere un upgrade, perché diciamocelo, fotografare uno sconosciuto non è affatto semplice, per cui, qualche riflessione in più non può che essere d’aiuto.

Quando vago per qualche città ho sempre l’istinto di non fermarmi all’architettura, ma cercare di scoprire un altro lato, che alcuni potrebbero dire più vero, di quel posto. E non esiste nulla al mondo di speciale come le persone. Sono loro a rendere i posti per quel che sono, ancor prima di musei, parchi e monumenti.

Per questo ho provato a stilare una sorta di decalogo che, più che letto come vero e proprio dogma, andrebbe interpretato da fotografo a fotografo. Se infatti è vero che la fotografia non è una pura disciplina tecnica (e grazie al cielo, altrimenti saremmo tutti disoccupati) ancor più vero è che diviene tanto più soggettiva e personale quanto più inseriamo la componente umana nei nostri scatti.

  1. Cercare un ritratto, non una fototessera.

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Il primo consiglio è un caposaldo che applico sempre quando mi viene commissionato un ritratto. Ritrarre una persona è quanto di più lontano che ritrarre le fattezze fisiognomiche di quella persona. Se dovessi limitarmi a descrivere nel miglior modo possibile le caratteristiche estetiche di chi fotografo starei facendo qualcosa che non è propriamente un ritratto. Più che altro, questo tipo di fotografia va forse chiamata fototessera.

Lo so, l’ho già detto, ma ritrarre una persona significa cercare di cogliere qualcosa che va oltre tutto questo. Ad esempio cercare di andare oltre alla bella faccia, al bel vestito e alla bella location. L’imperativo è cercare di far suscitare una curiosità negli occhi dello spettatore. Cercare di far sì, in altre parole, che chi guarda quella foto si ponga delle domande: chi è costui, cosa sta facendo, perché è lì, qual è la sua vita quotidiana… sono solo alcune delle curiosità che io, in prima persona, mi pongo quando vengo catturato da un bel ritratto street.

La fotografia ritrae una cordiale signora addetta alle vendite in un negozio di Kanab (Utah). Mi interessa particolarmente in modo in cui questa fotografia riesca a raccontare la sua storia anche senza uso delle parole (narrata dalla bandiera americana e dal negozio che ne fanno da cornice).

2. Vincere le proprie paure.

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La premessa è semplice: aver paura di fotografare uno sconosciuto è assolutamente normale per la maggior parte di noi.

Specialmente quando ero alle prime armi spesso non riuscivo a trovare il coraggio di fotografare uno sconosciuto. Ero sempre vinto dal timore di essere respinto o cacciato in malo modo.

Poi un bel giorno mi son detto: “ma che hai da temere, perché aver paura? Sei così spaventato da sentirti dire un no?”. In effetti di no ne ho ricevuti più di uno, ma anche quando accade, non mi sconforto più. In fin dei conti se uno non ha voglia di farsi ritrarre in un particolare momento o situazione della sua vita non c’è nulla di male. I motivi per un diniego possono essere molteplici, ma in fin dei conti, non conta quali essi siano. L’unica cosa che conta è che alla fine non c’è nulla di personale.

Inoltre mi dico sempre: se ricevi un no, sarà una foto non fatta, ma se ricevi una risposta positiva avrai l’occasione di fare un bello scatto. Viceversa se nemmeno ci provi stai certo che quella foto non si farà mai da sola.

Per ritrarre questo culturista ho letteralmente dovuto vincere la riverenza di interromperlo durante il suo allenamento per potergli fare questo ritratto. In particolare modo la barba è stato il nostro trait d’union.

3. L’edonismo in ognuno di noi.

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Da quando ho sconfitto la mia timidezza, i no che ho ricevuto sono infinitamente inferiori se paragonati ai sì.

In effetti se ci pensiamo bene a quasi tutti piace l’idea di essere notati. Il vero segreto è questo qui: far capire a chi ci sta davanti che in lui abbiamo visto qualcosa di speciale, qualcosa che le persone che gli stanno attorno non hanno. Se riusciamo a far sentire speciale questa persona con poche parole e tanta gentilezza difficilmente saremo respinti.

Ricordo a tal proposito la mia prima esperienza a Venice Beach in California. La premessa è che Venice è un luogo veramente magico, dove confluisce una strana energia che tende ad accorpare i personaggi fra i più particolari ed eccentrici di tutto il pianeta. Beh, la mia prima volta a Venice Beach ero decisamente ammaliato da queste persone. Tuttavia al contempo ne subivo, con un lieve timore, la loro appariscenza ed esuberanza. Il risultato è che, dopo un’intera giornata, non ero riuscito ad ottenere nessun ritratto di tutti quei meravigliosi personaggi. A distanza di quattro anni ho avuto la fortuna di tornare nello stesso posto. A quel punto mi sono imposto i punti 1 e 2 di questo decalogo, ho vinto le mie paure, e preso il toro per le corna. Il risultato è stato sorprendente. In una giornata non ho ricevuto da nessuno, ma proprio nessuno, alcuna risposta negativa al mio volerli fotografare. Spesso anzi si è verificato l’opposto. Le persone che ho fotografato si sono rivelate gentili, affabili e molto loquaci. Non posso di certo dire di aver fatto delle solide amicizie su quella spiaggia magica, ma di certo porto con me piacevolissimi ricordi di quasi tutti loro. Ne è un valido esempio la fotografia di quest’uomo dal look quantomeno singolare.

4.Trasmettere fiducia

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Mario Giacomelli, il grande fotografo bianconerista italiano del secolo scorso, oltre a fare lavori di varia natura sempre di altissimo livello, per un periodo della sua vita si è interessato a ritrarre delle persone ospiti di una casa di riposo. Per scattare questi ritratti di un’intensità e di una bellezza incredibile l’autore ha impiegato anni. Il primo approccio è stato passare un anno con loro, andando a far visita a queste persone per conoscerle meglio. Ed in questo periodo il maestro non ha mai portato la macchina fotografica. Ha piuttosto speso il suo tempo per capire chi aveva davanti. In altre parole per entrare in empatia con i suoi soggetti e per riuscire ad ottenere la loro fiducia.

Ovviamente la realtà è che, specialmente durante un viaggio, non si ha a disposizione così tanto tempo. Tuttavia la riflessione alla base è più che valida. Avere il rispetto e la fiducia di chi stiamo per fotografare ci consente di creare un legame e questo legame, tanto più sarà forte, quanto più ci aiuterà nelle nostre fotografie. Ho già parlato del pastore della Two Pines Chapel (quella ripresa nella celebre scena del massacro nel film Kill Bill) e di come, una lunga chiacchierata, ci abbia in qualche modo connesso spiritualmente (anche se per un breve lasso di tempo). In questa foto lo vediamo ritratto assieme alla sua splendida consorte.

5. Cordialità ed educazione

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Anche se rischio di sembrare ripetitivo, questo è un concetto che mi sta particolarmente caro. La persona che ci troviamo di fronte va un po’ vista e considerata come il nostro specchio. La gentilezza è sempre la miglior arma. Se approcciandomi ad uno sconosciuto avrò un modo brusco con tutta probabilità avrò una reazione brusca.

Più volte mi è capitato di vedere dei colleghi trattare i loro soggetti in modo piuttosto rude. Trovo che questo sia un approccio decisamente deleterio. Anche a livello professionale, fotografando molte modelle, il mio istinto è quello di cercare sempre la strategia della gentilezza e della cordialità. Se da una parte è giusto per un semplice “saper stare al mondo” dall’altra lo è ancor di più per un’egoistico desiderio di poter ottenere da queste il loro massimo. Con un atteggiamento sgarbato difficilmente riuscirei a trovare un soggetto che si prodiga al 110% per permettermi di fare la foto che desidero. O sbaglio?

Per realizzare questo scatto ho dovuto chiedere al responsabile della pompa di benzina di lasciare la sua postazione di lavoro per metterlo accanto all’insegna (posta sul muro all’esterno dell’edificio). Certamente un atteggiamento rude mi avrebbe portato ad un secco diniego.

6.Rapidi e pronti

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Questo è un’altro punto caldo. Quando riusciamo ad avvicinare una persona, questa ci sta, in qualche modo, regalando il proprio tempo. Proviamo un po’ a mettersi nei suoi panni. Vorremmo trovare di fronte un fotografo che sa bene ciò che vuole e sa come ottenerlo con rapidità, oppure un fotografo che…apre la borsa, cambia obiettivo, prepara i settaggi della macchina, sceglie lo sfondo, poi cambia idea, sostituisce la lente, sposta il soggetto perché forse quello sfondo non lo convince più…

Maggior tempo impieghiamo per questioni tecniche (che il nostro soggetto non capirebbe) più è alto il rischio che questo si spazientisca chiudendosi a riccio.

Per cui, macchina pronta, idee chiare e rapidità d’esecuzione. Generalmente la fase di scatto non deve prendere più di pochi minuti.

In questo caso il soggetto, decisamente eccentrico ed espansivo, mi ha consentito di coglierlo al volo in una movenza che lo descriveva più che bene.

7.Ricordiamo il mondo attorno.

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Oltre al soggetto è molto importante anche l’ambiente attorno. Spesso ciò che distingue un fotografo bravo da uno scarso (e non un professionista da un’amatore, in quanto vi sono pro scarsi e amatori fenomenali) è la capacità di andare oltre al semplice soggetto, stando attento a ciò che lo circonda. La cura dello sfondo, la direzione e la qualità della luce, i contrasti cromatici, concettuali o formali che possono esserci nella composizione e molti altri fattori influiscono in maniera eguale (se non superiore) al nostro soggetto per la riuscita di una buona foto.

A volte non è necessario fare grandi cambiamenti. Ciò che può distinguere una buona foto da una porcheria può essere veramente una questione minima. A volte è sufficiente far girare leggermente il nostro soggetto, oppure avere una lente più o meno grandangolare, altre volte basta fare un piccolo passo avanti o indietro o spostare di anche solo pochi centimetri l’inquadratura.

In questo particolare caso la presenza del murale sullo sfondo è quasi imprescindibile dall’azione del soggetto. Uno sfondo diverso avrebbe certamente raccontato un’altra storia.

8. Attenzione allo sguardo

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Gli occhi non mentono. Lo diceva anche Leonardo. Gli occhi sono lo specchio dell’anima.

Se fotografiamo uno sconosciuto, che per di più non è un modello, spesso ciò che otteniamo è un vuoto nello sguardo. La difficoltà sarà colmare quel vuoto. Devo dire che non è affatto semplice.

Un consiglio potrebbe essere di non far guardare il soggetto nell’obiettivo, in quanto veramente in pochi riescono a dare uno sguardo profondo e soprattutto credibile guardando in macchina. A volte dico ai miei soggetti di ignorarmi, fingere che non sia lì, magari suggerendogli di compiere una semplice azione.

Un altro consiglio è quello di avere sempre la macchina pronta all’uso, poiché magari, parlando e chiacchierando può scappare una battuta che genera una reazione vera e spontanea. È proprio lì, in quell’istante che dura una frazione di secondo, che dobbiamo farci trovare pronti.

Da questa foto si percepisce il suo prendere la vita in modo “easy peasy”. La casa disordinata, la sigaretta e il cocktail sulla balconata mentre si gode le calde luci del tramonto. Il suo sguardo non racconta proprio questa serenità interiore?

9. Pagare o no?

A volte le persone che fotografiamo sono persone “normali”: professionisti, studenti, pensionati…

Gente di tutti i giorni che in qualche modo ci ha attratto.

Altre volte ci troviamo di fronte al desiderio di fotografare indigenti: gente che, per disgrazia o per scelta, vive ai margini della società.

Altre ancora siamo attratti da gente di strada, ovvero chi, per strada, trova il modo di guadagnarsi il pane, come ad esempio musicisti o artisti di strada.

In questi casi, se noi chiediamo del tempo a loro per poter ottenere la foto che desideriamo è quantomeno doveroso riconoscergli il disturbo. A volte è sufficiente una piccola mancia, anche solo un euro o poco più, per aiutarli e ripagarli del tempo che ci hanno concesso.

10.Liberatoria fotografica.

Veniamo al nodo della questione. Possiamo usare le fotografie delle persone che abbiamo ritratto?

Premettendo che la legislazione varia da paese a paese ecco alcune considerazioni di carattere generale.

Fotografare una persona non è di per sé reato. Lo è utilizzare la sua immagine senza un consenso scritto.

Se la persona è in un contesto più ampio e non rappresenta il soggetto della foto (come un passante in una piazza) non è necessario chiedere il permesso. La liberatoria è necessaria solo nei casi in cui questa sia il soggetto della fotografia. In questi casi il miglior modo è quello di avere un modulo per la liberatoria. Nell’articolo Le 10 App da avere per un viaggio fotografico parliamo anche di una app per ottenere con semplicità la liberatoria senza dover girare con mille scartoffie.

Tutte le immagini soggette a liberatoria gratuita dovrebbero essere fatte solo per uso personale e non per scopi commerciali. Nel secondo caso vi è una liberatoria specifica, che è più che altro un contratto.

Ad ogni modo, anche quando abbiamo la liberatoria firmata, è nostro dovere non ledere il decoro e la dignità del soggetto ritratto.

Per finire la liberatoria non è per sempre. Forse non tutti lo sanno, ma anche nel caso in cui un soggetto ci abbia concesso il diritto d’uso della propria immagine, questo, in qualsiasi momento, può declinare la sua scelta.

Bonus

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Chi l’ha detto che un ritratto debba per forza essere una fotografia fatta ad una persona? A volte possiamo incontrare degli animali che hanno personalità da vendere. Ne è un valido esempio questo splendido cane che ho incontrato sulla spiaggia di Venice. Come non fotografarlo? A questo proposito Anna ha scritto un articolo dedicato su Come Fotografare il Vostro Compagno di Viaggio a Quattro Zampe.