Un’impresa (im)possibile
Quando io e Corrado siamo arrivati al Grand Canyon National Park Village ci siamo immediatamente trovati tra centinaia di turisti. Tutti erano ammassati nei punti di osservazione con le loro macchine fotografiche e tutti cercavano di portarsi a casa la loro “cartolina” del Grand Canyon. I vari Visitor Center sono pieni di cartoline stupende da acquistare con pochi dollari, ma fare la propria “cartolina” è quasi una sorta di trofeo di caccia, da mostrare orgogliosi al ritorno a casa. Tuttavia, mentre le persone che ammiravano il panorama avevano facce estasiate, chi alzava gli occhi dallo schermo a Led della propria macchina fotografica non sembrava altrettanto soddisfatto. Ho sentito dire chiaramente da più persone “It’s impossible”. Sembrava proprio che chi volesse trasformare in fotografia quello che vedeva con i propri occhi fosse destinato a rimanere deluso, nonostante i molteplici tentativi. Sembrava una sfida persa in partenza.
E così da amante delle sfide (e delle serie tv) il mio primo pensiero è stato
Challenge accepted!
Grand Canyon a noi due, riuscirò a vincere la sfida! Tra i miei mille difetti, che puntualmente sono ricordati con tanto amore da Corrado in questo blog, c’è anche la competitività. Se mi metto in testa un obiettivo devo raggiungerlo, costi quel che costi.
LE DIFFICOLTÀ
Il Grand Canyon è stata una sfida tosta per tantissimi motivi.
La prima difficoltà sta proprio nel suo nome. È un canyon ed è grande! Questo significa fondamentalmente due cose:
- il fatto che sia così grande ci porta a cercare di includerlo tutto nelle nostre foto. Questo è assolutamente impossibile. Innanzitutto perché non esiste un punto da dove si riesce a vedere nella sua interezza. In secondo luogo spesso non si riesce a renderne la maestosità. L’altro problema sempre legato alla sua imponenza è che è difficile focalizzare la nostra attenzione. Ciò che inevitabilmente succede è che lo sguardo si posa praticamente ovunque, rendendoci in tal modo incapaci di vedere.
- essendo un canyon ci porta di fronte al solito problema del dynamic range, ovvero dell’eccessiva distanza fra la corretta esposizione dei cieli e quella del canyon, molto più scuro rispetto ai primi. Bilanciando l’esposimetro ci ritroveremo infatti ad avere il canyon sottoesposto e i cieli sovraesposti.
La seconda difficoltà è stato il meteo.
Come abbiamo anticipato nello scorso articolo Fotografia di Paesaggio: Comanda Lei purtroppo la nostra visita al Grand Canyon non è stata idilliaca dal punto di vista metereologico pur essendo in estate. Paradossalmente l’estate è il periodo con il maggior afflusso di turisti ma è anche il periodo meno interessante, in quanto è la stagione dei monsoni per cui frequenti rovesci e clima estremamente variabile possono presentarsi nell’arco della stessa giornata.
Noi avevamo programmato il nostro road trip nel South West degli Stati Uniti in Agosto, proprio nella stagione dei monsoni al Grand Canyon. Benché la speranza fosse quella di trovare delle condizioni climatiche perfette purtroppo non è stato così. Abbiamo infatti trovato bel tempo solo in un paio di ore centrali della giornata, quelle per intenderci non favorevoli da un punto di vista fotografico. Successivamente tutto è diventato grigiastro, come ricoperto da una fitta nebbia. In realtà non era nebbia, bensì banchi di pioggia all’interno del canyon. E per finire sono comparsi enormi nuvoloni scuri, quasi da apocalisse con temporale annesso. Per portare a termine la sfida ci siamo presi tanta di quella pioggia che Corrado la sera, una volta arrivati in albergo, ha dovuto buttare via le sue scarpe da ginnastica tanto erano fradicie e irrecuperabili.
La terza ed ultima difficoltà è stato il tempo a disposizione.
Essendo la tappa di un road trip noi abbiamo visitato il Grand Canyon in giornata. Per poterlo visitare e fotografare come si deve meriterebbe una visita certamente più lunga, almeno di due o tre giorni. Tuttavia, come dice sempre mia nonna “Non si può avere tutto dalla vita” e “Aiutati che Dio ti aiuta”. Così, ricorrendo alla saggezza ancestrale della nonna (le nonne hanno sempre ragione), ci siamo fatti forza e abbiamo trovato il modo per arrivare a fine giornata, stanchi morti, ma con la certezza di aver fatto tutto il possibile per trarre il meglio dalla nostra visita fotografica al Grand Canyon.
CONSIGLI FOTOGRAFICI
Nonostante queste difficoltà non sarà difficile riuscire a superarle.
1. È tutta questione di prospettiva
Mi spiego meglio: come abbiamo già detto nelle regole di composizione e nei consigli di composizione nel paesaggio è sempre una questione di riuscire a rendere le proporzioni. Se mi ritrovo a fotografare un oggetto, ad esempio una palla e questa palla la fotografo su un fondale bianco senza altri elementi come faccio a capire se ha le dimensioni di una nocciolina o di un palla da basket? L’unico modo è rapportarla a qualcosa di noto. Se a fianco di questa posiziono una moneta tutto cambia. Immediatamente, vedendo rapportati i due elementi, qualsiasi spettatore, riuscirà a capirne le dimensioni. Il ragionamento è pressoché lo stesso. Quindi il consiglio che mi sento di dare è quello di non dimenticarci di inserire un elemento noto, come ad esempio una strada, un automobile, un uccello o una figura umana. Allora la prospettiva cambia. Il nostro occhio immediatamente riesce a percepirne le dimensioni.
2. Cerchiamo la profondità
Se oltre a questo vogliamo cercare di enfatizzare la profondità ricordiamo sempre che sono fondamentali gli elementi in primo piano. Se tutto ciò che fotografo è distante centinaia di metri dall’obiettivo ciò che ne risulterà sarà sempre una composizione piatta, quasi bidimensionale. Se invece inserisco un elemento in primo piano la stessa inquadratura assumerà immediatamente un carattere ben diverso.
3. Risolvere il dynamic range
Il problema principale come ho detto prima è legato al dynamic range, o intervallo dinamico. Anche qui esistono due soluzioni.
- La prima è di natura strettamente analogica. Si tratta di montare un filtro ND graduato (vedi I Filtri) che scurisce la parte alta della composizione, quella dei cieli. In tal modo riusciremo, già in fase di scatto, ad avere un rapporto molto più equilibrato fra le alte luci e le ombre. Questa è sicuramente la scelta migliore in quanto è quella che dà il risultato più naturale. Come ho sempre sostenuto è sempre meglio evitare il “ma sì tanto lo faccio dopo in post” e cercare invece di fare in produzione quanto più possibile. E poi diciamocelo, analogico è sempre meglio 😉
- La seconda è di natura digitale. Se non si dispone di un filtro graduato scattando con il cavalletto (in modo da avere sempre lo stesso identico punto di vista) e attivando la modalità breaketing andremo a fare 3 immagini con 3 diversi livelli di esposizione (ad esempio -2, 0 e +2). Utilizzando questa modalità consiglio innanzitutto di bloccare la messa a fuoco impostando il MF e di variare l’esposizione attraverso i tempi e non i diaframmi, in quanto una variazione di diaframmi porterebbe con se una variazione di profondità di fuoco. In fase di post produzione non sarà difficile riuscire ad utilizzare le immagini più scure per le zone più chiare dell’immagine e viceversa. Questo è un tipo di post produzione che non è fattibile con Lightroom ma richiede Photoshop. Tuttavia non è un’operazione particolarmente complessa, anche se richiede una certa dose di esperienza. Fondamentalmente si tratta di utilizzare le maschere di livello e mascherare le aree che vogliamo nascondere. L’alternativa è quella di utilizzare la tecnica dell’Hdr, anche qui assemblando le 3 immagini con Lightroom o Photoshop attraverso lo strumento Hdr.
4. Oltre al panorama c’è altro
Non dimentichiamo che il Grand Canyon è bello per le sue vedute mozzafiato e i suoi panorami incredibili ma non solo. Non scordiamoci mai di fare anche qualche dettaglio, di catturare anche pattern e texture, di dare, in altre parole un sapore che funga da corredo ai nostri panorami.
Utilizzando un teleobiettivo inoltre possiamo creare delle fotografie che tendono all’astrazione.
5. Non impigritevi
Quando è il momento in cui la maggior parte dei turisti è ancora nella propria camera d’albergo o quando tutti se ne vanno a cena arriva il momento in cui i fotografi riescono ad avere le migliori condizioni di luce. Resistere alla stanchezza e alla fame per un po’ di tempo in più è d’obbligo se vogliamo portarci a casa una fotografia come quella di inizio articolo, scattata all’incirca alle 8 di sera. Abbiamo aspettato, aspettato e aspettato. Sotto la pioggia, dandoci il cambio per avere sempre il cavalletto e la macchina fotografica controllati, ma in posizione perfetta perché speravamo che il meteo ci concedesse una tregua e ci regalasse uno splendido tramonto. Quando abbiamo visto aprirsi quella piccola strisciolina che illuminava tutto di rosso, abbiamo capito che ne era valsa la pena: l’ora magica regala sempre emozioni uniche! Il prossimo articolo Fotografia di Paesaggio: l’Ora Magica approfondirà proprio quest’argomento.
CONSIGLI PRATICI
Il Grand Canyon fa parte di quel sistema di parchi Nazionali americani che il grande fotografo Ansel Adams, grazie alle sue immagini, in una certa misura, contribuì a creare.
Facendo appunto parte dei National Parks il suo ingresso prevede un biglietto. Arrivati infatti all’ingresso del parco troveremo, come in tutti i parchi americani, una postazione dove effettuare il pagamento. Qui un ranger ci fornirà una cartina e un giornale illustrativo. Sarà inoltre ben disponile a offrirci con estrema cordialità ogni genere di informazione inerente.
Orientamento
Il parco, essendo un Canyon ha due sponde denominate North Rim e South Rim. Noi abbiamo optato per visitare la sponda sud, il South Rim. La nostra è stata una scelta obbligata perchè arrivavamo dalla mitica Route 66, per cui la deviazione per noi è stata minima. Tenete presente che le sponde non sono strettamente collegate fra di loro, per cui, per vederle tutte ci voglio molte ore di macchina.
Fondamentalmente il Rim è fiancheggiato da una strada asfaltata e perfettamente mantenuta. Distribuiti lungo il tragitto troveremo degli spot dove parcheggiare l’auto e vedere i punti panoramici.
Gli amanti del trekking possono addentrarsi nel Canyon e fare escursioni che possono variare da pochi minuti a interi giorni. Va ricordato che il punto di partenza delle escursioni è in alto e che all’andata ci si dirige verso il basso. Ma a ogni discesa corrisponde anche una salita, per cui non va mai sottovalutato quest’aspetto, specialmente se non si è escursionisti esperti.
Un’ulteriore considerazione è che alcuni punti del Rim non sono raggiungibili con i mezzi privati, per cui è necessario posteggiare l’auto e servirsi delle navette gratuite messe a disposizione per i visitatori.
Quando visitarlo
Il Grand Canyon è aperto tutto l’anno ed è interessante in ogni stagione per delle peculiarità diverse.
Ad esempio la primavera per il fiorire della vegetazione e l’inverno per le frequenti nevicate.
Il sito dei Parchi Nazionali Americani offre una serie dettagliata di informazioni a riguardo, come orari di apertura, giorni di chiusura, costi dei biglietti ecc.
Chi desiderasse concedere più tempo a questa meraviglia (il biglietto d’ingresso è valido per sette giorni) può scegliere di soggiornare direttamente nei Lodge del Grand Canyon Village, proprio nel cuore del parco (decisamente costosi per le nostre tasche), oppure optare per la vicina Tusayan. Noi, un po’ per questioni di budget, un po’ perché il giorno dopo dovevamo riprendere il nostro road trip, abbiamo deciso di dormire a Williams, prima cittadina sulla Route 66, a circa un’ora di strada dal Grand Canyon.
PER CONCLUDERE
Il Grand Canyon è una meraviglia della natura. Non per niente è stato inserito da molte riviste nell’elenco delle 100 cose da vedere almeno una volta nella vita. Se siete come noi tra i fortunati che possono permettersi il viaggio cercate di assaporare ogni minuto della vostra esperienza. Che ci sia il sole o il diluvio universale non importa: è un’occasione unica nella vita e non va sprecata.