Viaggio e Fotografia: Realtà e Finzione

Viaggio e Fotografia: Realtà e Finzione - www.ishoottravels.com your ticket to travel photography. Blog di fotografia di viaggi. © Galli / Trevisan
Viaggio e Fotografia: Realtà e Finzione

Nell’epoca dei social network, in cui l’imperativo è condividere esperienze di vita pazzesche, qual’è il vero senso nel fare un viaggio? Ovvero, è più importante ciò che proviamo realmente o ciò che vogliamo mostrare?

LA NOSTRA ESPERIENZA AD HONG KONG

Hong Kong. Uno dei must see della città è Victoria Peak. Un promontorio a ridosso della città dalla quale poter ammirare il paesaggio della stessa. Ad attenderci c’è un’enorme struttura architettonica, una sorta di centro visitatori, un misto fra un centro commerciale e un parco divertimenti con un’incredibile terrazza a sbalzo dalla quale si può godere di una vista mozzafiato della città. 

Come già detto nel nostro diario di viaggio, per noi l’imperativo era avere uno scatto classico del panorama, ma sfortunatamente la giornata era plumbea, piovosa e nebbiosa al tempo stesso. Risultato? Nessuna vista sulla città. Solo un enorme muro grigio dal quale si poteva appena intravedere lo splendido panorama che avrebbe dovuto esserci. La fortuna però, si dice, aiuta gli audaci. E i cocciuti, aggiungerei. Grazie infatti alla nostra caparbietà e alla nostra capacita di non desistere, dopo x mila ore di attesa le nuvole si sono aperte, per pochissimi attimi, lasciandoci giusto il tempo di poter catturare (nelle nostre menti e nelle nostre schede di memoria) l’immagine tanto desiderata.

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Ma ciò che mi ha fatto più specie è stato ciò che abbiamo visto su quella terrazza panoramica. 

In una zona della terrazza ci sono dei fotografi con un set fotografico allestito. Lo scopo è quello di immortalare i turisti in posa di fronte al panorama per poi vendergli la foto di quello splendido ricordo. Io e Sara pensiamo: “Perché mai non smontano baracca e burattini? Con questo tempo chi vuoi che paghi per avere una foto di se stesso di fronte ad un muro grigio?”

Poi ci accorgiamo che dei turisti si fanno fotografare. Poi altri ancora. E ancora, e ancora. La nostra curiosità si fa sempre più morbosa. Allora ci avviciniamo cercando di capire…ed ecco svelato l’arcano. Praticamente questi fotografi realizzano uno scatto. Una volta catturata l’immagine la photoshoppano incollando uno sfondo del paesaggio che si sarebbe dovuto vedere. Et voilà, la foto di una orribile serata uggiosa si trasforma nell’immagine ricordo di una calda e soleggiata giornata. Ed il turista di turno se ne va a casa potendo esibire l’immagine di un’esperienza che in realtà non ha vissuto.

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ESPERIENZA NON VISSUTA

Ovviamente il mio pensiero non va ai poveri fotografi che, bravi loro, si sono trovati una formula per poter continuare a lavorare anche quando le condizioni non lo permettono.

La mia riflessione vuole invece concentrarsi sul senso di tutto questo. Ma ha davvero senso, mi chiedo, spendere del denaro per poter vivere un’esperienza, se poi l’unica cosa che interessa davvero è poter condividere la stessa, costi quel che costi? Ha davvero senso mostrare una felicità apparente causata dalla finzione di una messa in scena? A questo punto, rilancio, non valeva la pena scattare questa fotografia direttamente in una sala di posa, magari evitando di intraprendere un lungo viaggio? 

VERITÀ E VEROSIMIGLIANZA

Di professione sono un fotografo. La mia indole di fotografo non è certo quella del fotoreporter. Non nascondo che le mie immagini sono pensate, costruite, ritoccate. Non me ne vergogno, né me ne vanto. Semplicemente è la mia visione artistica delle cose. Per me non esiste grande differenza fra verità e verosimiglianza. Per me quello che conta è l’immagine. Non il percorso che ti ha portato ad essa. 

REALTÀ E IDEALE

È piuttosto ovvio che nella mente di ogni viaggiatore, prima di una partenza, vadano a formarsi delle idee su come sarà l’esperienza che il viaggio gli offrirà. Tanto più il viaggio è stato sognato, quanto più verrà idealizzato.

Il problema è che la realtà e l’ideale non coincidono mai. Il nocciolo della questione infatti non è quanto l’esperienza si allontanerà dall’immagine nella nostra mente, ma di quanto si allontanerà. Perché questo accade, sempre. Se l’esperienza reale tende ad allontanarsi troppo dall’ideale che ci siamo costruiti, ecco che un senso di frustrazione ci pervade. Allora prende il sopravvento l’idea che, in fondo, è meglio lasciar credere a chi guarderà le fotografie del nostro viaggio che questo sia stato come in un sogno, che sia stato come nei depliant illustrativi. Meglio questa bugia bianca che dover far i conti con la realtà. Ovvero che magari il posto era strapieno di turisti da renderlo invivibile, oppure che il clima era orrendo, oppure che magari dietro la spiaggia paradisiaca c’era una fabbrica che deturpava il paesaggio.

SOCIAL E LIKE

La questione qui però, non è tanto il processo che ha portato un fotografo ha concepire la propria immagine, quanto piuttosto  il falso ricordo da condividere sul social media preferito, a patto che questo ottenga il tanto agognato numero di like. A mio avviso è proprio qui che sta l’errore, il dramma. Un errore che, purtroppo, il mondo odierno, in cui i social media sostituiscono l’agorà nella sua funzione sociale, non fa che alimentare. 

Le esperienze di viaggio, quelle vere, sono imperfette. Ed è proprio l’imperfezione a renderle uniche. L’inatteso è ciò che poi andrà a fissarsi nella memoria, e lo farà in modo molto più indelebile rispetto al viaggio noioso e perfetto che rispetta meticolosamente quanto programmato. Per me, per lo meno è così. Le nuvole che ci hanno perseguitato imperterrite in Islanda, i problemi di salute di Sara all’atterraggio a Los Angeles, le mie costole rotte due giorni prima di partire per un road trip in Usa e perché no, il muro grigio del paesaggio di Hong Kong. 

Perché alla fine lo diciamo fin dal principio.

Riempi la tua vita di esperienze, non di cose. Abbi storie da raccontare, non cose da mostrare.

Fill your life with experiences, not things. Have stories to tell, not stuff to show.