Tibet – No Country for Tibetans

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BRINGING HOME TIBET  di Tenzin Tsetan Choklay  (2013)

Bringing Home TibetPer raccontare la condizione degli esuli tibetani non c’è miglior voce che quella di un vero figlio dell’esilio. In questo documentario diretto da Tenzin Tsetan Choklay, Tenzing Rigdol è un giovane artista tibetano che vive a New York con la famiglia da tantissimi anni. Il suo lavoro lo porta costantemente a recuperare l’arte tradizionale della sua terra , pur reinventandola. Un’operazione che, molto spesso, si trasforma in un veicolo di lotta politica. La situazione del Tibet, nel corso degli anni, è peggiorata sensibilmente. La repressione cinese impatta ogni aspetto della vita dei cittadini tibetani rimasti nel paese natale: dalla legge che non permette l’esposizione dell’immagine del Dalai Lama, al divieto di imparare o parlare la propria lingua, alla progressiva discriminazione sociale. Il dramma di chi è rimasto rispecchia il dolore di chi è fuggito, ma impossibilitato a tornare.

Il padre di Tenzing Rigdol, come tanti esuli, ha il sogno di poter vedere un giorno il Tibet. La malattia terminale che lo colpisce e in poco tempo lo uccide pone fine prematuramente a questa remota possibilità. Ciononostante il lutto porta Tenzing Rigdol a riflettere sulla condizione di chi, come lui e il padre, difficilmente potranno tornare a calpestare la propria terra. Da qui la scintilla. Se non possiamo andare in Tibet, perché non portare il Tibet da noi e da tutti rifugiati?

A Dharamsala, in India, ha sede non solo il governo tibetano in esilio, ma vive anche la comunità più nutrita di esuli tibetati. A questo punto Tenzing parte alla volta del Nepal con l’intenzione di spostare 20.000 kg di terra da  Shigatse, in Tibet, e trasportarla proprio a Dharamsala, per un’installazione artistica. Arrivato in Nepal si scontra con la realtà oggettiva: anche qui la presenza cinese è massiccia, come anche la presenza di spie tibetane sul libro paga del regime. I camion con i sacchi di terra devono compiere un giro laborioso, attraversare indenni la frontiera con la Cina e giungere quindi a Dharmasala. Proprio questi ostacoli impediscono al regista Tenzin Tsetan Choklay di riprendere dal vivo l’itinerario del convoglio, affidando tutto alle telefonate di Tenzing con i collaboratori oltre confine. Dal punto di vista cinematografico è decisamente meno riuscito ma rende in maniera eclatante, stavolta dal punto di vista giornalistico, cosa significa la frontiera in quelle zone. Qualche immagine rubata ci mostra il difficile trasporto dei sacchi, ma poco altro. Anche le scarse immagini che arrivano dal Tibet sono di bassa qualità, dalla grana pesante e dalle luci sfarfallanti. Come se il Tibet fosse una terra del passato, adeguato solo per del materiale d’archivio.

Il progetto di Tenzing incontra diverse difficoltà e se la parte centrale del documentario potrebbe dare la sensazione che giri un po’ a vuoto, vi consiglio di arrivare al finale.

Appunti di viaggio:

  1. —> Il documentario si arricchisce della presenza del Dalai Lama. Durante l’incontro con l’artista e protagonista del film sottolinea come tutti i loro sforzi debbano arrivare soprattuto a quegli amici cinesi che non conoscono la loro situazione. È al loro appoggio che devono mirare. Senza non possono sperare di riottenere il Tibet. Una dura lezione di realismo politico.