Terra Promessa – Israele/Palestina

One Land For Two Nations

THE GATEKEEPERS di Dror Moreh (2012)

348094019912_06170306_TheGatekeepersPoster_movieposterNon cambiano le coordinate geografiche, non ci siamo spostati di molto perché la Palestina o Israele è pur sempre quel lembo di terra tra il Mediterraneo e il fiume Giordano. Ciononostante ogni tappa cinematografica di questo viaggio apre la porta verso delle sfumature che aggiungono complessità a un paese già di per sé così difficile da interpretare. Questo excursus ci offre spunti di riflessione non solo in termini contenutistici, ma anche stilistici, legati al linguaggio documentario. Five Broken Cameras struttura la propria narrazione secondo un approccio realistico, dettato dalla contingenza degli accadimenti. The Law in These Parts ammanta i suoi protagonisti di un’atmosfera da legal thriller, ritmato dalle verità che emergono dalle testimonianze dei giudici e dalla loro ricerca giurisprudenziale. Infine abbiamo The Gatekeepers, ultima incursione nelle latitudini straziate della Terrasanta. Le voci e i corpi del documentario di Dror Moreh appartengono ai comandanti che si sono succeduti alla guida dello Shin Bet, l’agenzia per gli affari interni di Israele.

La pellicola si apre con dei sottopancia che spiegano cosa sia lo Shin Bet e lo fa secondo uno stile da thriller di spionaggio. I caratteri insomma si compongono come se fossero battuti a computer. Anche la prima sequenza segue questo approccio mostrando le inquadrature satellitari, attraverso le quali si stanno seguendo le tracce di un attentatore. Si tratta di un momento paradigmatico perché determina il tono dell’intera pellicola. Mentre vediamo le immagini di un van che percorre una strada urbana, la voce e il volto di un comandante ci spiega che in politica si preferiscono le decisioni estreme: fare o non fare. La sua esperienza è diversa, spesso si è dovuto confrontare con un’ampia gamma di grigi. Poniamo che nel van, oltre all’attentatore, vi siano altre persone. Sono legate al suo gruppo, non lo sono? E allora, che fare?

Da questo interrogativo fondamentale partono le testimonianze a volte ambigue, a volte critiche, dei responsabili dello Shin Bet quali esecutori della politica di sicurezza israeliana. The Gatekeepers racconta eventi noti e meno noti della storia recente, fornendo uno sguardo inedito e molto spesso amaro. L’assassino di Yitzhak Rabin da parte di un colono integralista ci informa di una società israeliana per nulla coesa, dove i tentativi di pace con i palestinesi non sono unanimemente approvati. L’idea di una terra per due nazioni non è una soluzione percorribile, soprattutto per le frange estremiste delle due forze in gioco. La morte del primo ministro Rabin, l’unico forse ad aver spinto per una soluzione di pace, genera negli animi degli agenti dello Shin Bet la consapevolezza di un fallimento, di quanto le misure di sicurezza intraprese e la violenza perpetrata contro la popolazione palestinese non facciano altro che reiterare una conflittualità perenne. Coloro che dovrebbero pensare alla salvezza dello stato israeliano spesso si devono preoccupare dei loro stessi concittadini. L’attentato – poi sventato – alla Moschea delle Rocce da parte un gruppo di estremisti israeliani  è la constatazione di questo paradosso.

Lo Shin Bet ha una storia di violenza, di persecuzione che, come in The Law in These Part, lascia strascichi notevoli sui protagonisti. La morte di un terrorista, o di un presunto agitatore, conduce a ciclo infinito di morte che sembra richiamarei racconti biblici. Ciò che rimane è sofferenza e la fatale sensazione, riprendendo le parole Amihai Ayalon, capo dello Shin Bet dal 1996 al 2000, che Israele abbia vinto le battaglie, ma non la guerra. E aggiunge, trasponendo le parole di Clausewitz, che la vittoria non è altro che la realizzazione di una migliore situazione  politica. Anche in questo caso, si chiede, Israele ha vinto?