Sud Africa – Un’Idea Perfetta

Il Vampiro

THIRST di Park Chan-wook (2009)Thirst

Non poteva mancare il principe della notte nella squadra di mostri allestita per questo articolo. Con Thirst, Park Chan-wook – regista culto di Old Boy – realizza la sua personalissima incarnazione del vampiro. Leggendo vari articoli sull’argomento emerge che il regista si sia ispirato a Teresa Raquin di Emil Zola. Tuttavia non riesco a togliermi dalla testa che sia  una vera e propria rilettura del Dracula di Bram Stoker. Il protagonista – Song Kang-ho – interpreta la parte del sacerdote cattolico Sang-hyun. Desideroso di aiutare davvero il prossimo, parte per l’Africa sottoponendosi a un esperimento atto a trovare una cura contro un temibile virus. Il tentativo non va a buon fine, ma presto il prete torna in vita con un’insana sete per il sangue. Se il Jonathan Harker di Dracula si immolava inconsapevolmente per trovare una dimora al buon conte, nel film di Park Chan-wook il protagonista stesso diventa la casa, trasformandosi nel vampiro. Come nel capolavoro di Stoker, anche in Thirst il vampiro trova la sua “Mina”. L’occasione gli viene data quando, una volta tornato in Corea, la sua miracolosa guarigione lo trasforma in un sacerdote taumaturgo, in una sorta figura cristologia. E con ragione visto che Sang-hyun guarisce i malati. Proprio uno di questi lo conduce nella casa dove vive con la madre e la moglie. Qui incontra Tae-ju, la “Mina” che stava cercando: una ragazza cresciuta da una famiglia adottiva e costretta a sposare quel figlio inetto e debole che Sang-hyun ha salvato. Anche in questo frangente ci troviamo di fronte a tematiche affrontate proprio dall’originale letterario. Siamo di fronte a due personaggi – il sacerdote e la ragazza – in lotta con costrizioni sociali imposte o autoimposte.

Con il progredire  della “malattia” del sacerdote anche i sensi si acutizzano così come il bisogno di sangue e di carne. La passione, va da sé, irrompe nella vita di Sang-hyun, il quale non riesce mai a separarsi dalla sua bella. Gli ostacoli che si frappongono sul cammino della coppia devono essere rimossi: è un’esigenza insopprimibile. Eppure, sebbene ripete spesso il contrario, Sang-hyun rimane un uomo di Dio e le azioni compiute per ottenere ciò che tanto desidera finiscono per pesare come un macigno sulla coscienza. Sang-hyun e Tae-ju si liberano sistematicamente dei lacci imposti dalla società, dalle loro scelte passate, dalla condizione umana; ma solo per finire nel buio di un’altra prigione, forse addirittura più temibile: quella dei sensi.

Quando all’inizio del film Sang-hyun si trasferisce in Africa, uno dei medici incaricati all’esperimento spiega come spesso i volontari accettino il rischio solo per un taciuto desiderio di morte o martirio. Non si tratta di un’autentica spinta alla carità, ma solo l’ennesima manifestazione di individualismo. Probabilmente il vero male del nostro tempo.

Appunti di viaggio:

  1. —> Avviso ai viaggiatori: ho la netta sensazione, suffragata da un certo numero di pellicole viste, che gli autori coreani non scendano mai sotto le due ore di durata.