Prima del Naufragio
ATTENBERG di Athina Rachel Tsangari (2010)
Attenberg ci porta in un passato recente, pre-crisi, in una città arrugginita nelle sue strutture prevalentemente industriali in riva al Mediterraneo. Marina – Arian Labed, vincitrice della coppa Volpi alla mostra del cinema di Venezia del 2010 – trascorre le sue giornate avvicinandosi al mondo umano con la stessa curiosità e distacco dei documentari di Sir David Attenborough sulla Natura. Gli approcci di Marina alla vita risultano goffi, quasi innaturali; anche l’avvicinamento al sesso è del tutto meccanico, nonostante i consigli dell’amica Bella. L’unico rapporto sincero sembra essere quello con il padre, un architetto che sta affrontando una malattia divenuta ormai incurabile. È il solo appiglio con la quotidianità, con i problemi di un mondo che è cambiato troppo rapidamente. L’uomo guarda la città attorno a sé registrando come si sia passati a una feroce industrializzazione senza nessun passaggio intermedio; accennando a una crescita innaturale che non porterà a nulla di buono. Una sensazione che preannuncia una tempesta in arrivo. Ormai il suo tempo è agli sgoccioli e la partecipazione di fronte a una catastrofe imminente relativa. Forse proprio questo distacco ha alimentato l’atteggiamento della figlia, rendendola impreparata ad affrontare ciò che l’attende. Diciamo che Marina, di fronte a un naufragio, non proverebbe un umano istinto di sopravvivenza nell’avere i piedi ben saldi sulla terraferma, mentre a largo si consuma il naufragio. Al massimo un vago interesse documentaristico.
Ma una volta che il padre verrà a mancare, cosa farà? Con quali strumenti riuscirà a gestire la propria vita e le ripercussioni prodotte dal contesto sociale nel quale nolente o volente vive? Una preoccupazione verso il futuro che rappresenta un tema cruciale per le nuove generazioni in Grecia.