Milano ad Agosto

PARLA E (AMA) COME MANGI

Io sono l'AmoreDuomo, Montenapoleone, Turati, Repubblica, Centrale. Sono le cinque fermate sulla linea gialla della metropolitana di Milano che portano in stazione. La neve si posa come un mantello sull’imponente struttura inaugurata nel 1931. È inverno quando la storia della ricca famiglia borghesi dei Recchi in IO SONO L’AMORE (2009) ha inizio. La pellicola di Luca Guadagnino del 2009 ricorda i melodrammi di Douglas Sirk per come dipinge con grazia un amore travagliato e forse sbagliato sullo sfondo di una società opulenta,  ma che sta cedendo il passo a un mondo nuovo.

La vicenda amorosa tra l’altolocata Emma Recchi – Tilda Swinton – e il cuoco Antonio – Edoardo Gabbriellini – ripropone gli stilemi tipici del genere, in bilico tra religiosa osservanza e vivace aggiornamento. Il cibo come veicolo di passione non solo è galeotto ma è anche propulsore dell’amore adulterino. I piatti rispecchiano l’eleganza e la finezza dell’ambiente borghese nonché la purezza del sentimento tra il giovane e la meno giovane matrona. I pranzi e le cene e le feste, di viscontiana morigeratezza, strutturano la trama del film verso la sua inevitabile, melodrammatica, conclusione.

Fame ChimicaDall’altissimo, anche dal punto di vista produttivo, al bassissimo. Dai quartieri centrali di Milano alla periferia lercia di piazza Gagarin nel quartiere Barona, periferia sud di Milano. La soavità musicale di Io sono l’Amore si piega alle rime sputate dell’hip hop suburbano. L’appetito (sessuale) delle classi agiate si trasforma in un bisogno proletario, in quella FAME CHIMICA che dà il titolo a questo film del 2003. Paolo Vari e Antonio Bocola ci guidano nei ritmi sincopati di una piazza – quella intitolata al famoso astronauta russo – dove si consumano in pochi metri le vite spente dei ragazzi dell’hinterland milanese. Non c’è possibilità di progettare, di pensare al futuro, tutto è legato alla contingenza: il lavoro è precario, l’amicizia è precaria e così anche l’amore consumato lì per lì, perché non sai mai cosa potrà accadere domani. Le contrapposizioni ideologiche tra i protagonisti suonano un po’ stanche anche se il tema della convivenza tra italiani e immigrati è all’ordine del giorno. Così come la lotta per i diritti del lavoro. Ma forse sono le formule con cui si identificano le parti a essere trite e inadatte. Sinistra e destra sono categorie che appartengono al passato: l’unica via d’uscita dal pantano di questo paese è fuggire, come la Maya interpretata da Valeria Solarino.

Fame Chimica ha l’indubbio pregio di ricondurre lo sguardo sulla periferia, descrivendo un’umanità autentica che, nella propria inadeguatezza, ci avvicina molto come spettatori. Un po’ Ken Loach nel tratteggio di tematiche e personaggi, un po’ The Wire per lo sfondo, la pellicola di Vari e Bocola mette in scena una fame di lavoro, di futuro, di vita. Quelle anime che sembravano spente in una routine da non-morti si dimostreranno infine delle braci accese e pulsanti.

Appunti di viaggio:

  1. —> In Io sono l’Amore i riferimenti alti non mancano: di proustiana memoria il montaggio parallelo tra l’impollinazione di un fiore e il rapporto sessuale tra i due protagonisti.