TRIANGOLO DELL’ESPOSIZIONE

Come abbiamo visto nei capitoli precedenti abbiamo a disposizione 2 strumenti che ci consentono di regolare l’afflusso di luce (a cui si aggiunge il terzo, gli Iso completando così il triangolo dell’esposizione).

triangolo

Ora che abbiamo a disposizione i nostri attrezzi del mestiere vediamo in che modo poter ottenere il massimo da essi.

Facciamo un piccolo passo indietro e concentriamoci solo su T e F. Supponiamo di avere una brocca posta sotto un rubinetto e di doverla riempire fino ad un determinato livello.

Quali sono le variabili che abbiamo a disposizione per raggiungere tale livello?

Fondamentalmente 2: la prima variabile è la quantità di apertura del rubinetto. Ovvero possiamo scegliere di tenerlo aperto alla massima apertura (con grande afflusso d’acqua), alla minima (con il rubinetto che fa scendere solo un filo di acqua) oppure a valori intermedi. La seconda variabile che abbiamo è legata al tempo, ovvero per quanto tempo teniamo aperto il rubinetto.

Vien naturale pensare che possiamo raggiungere lo stesso livello di acqua sia se scegliamo di tenere aperto il rubinetto al massimo per un breve intervallo di tempo sia se lo apriamo al minimo per un tempo molto più lungo.

broccabrocca2

Ora sostituiamo  l’acqua con la luce, l’apertura del rubinetto con l’apertura del diaframma (F), la durata del tempo con l’apertura dell’otturatore (T) e il livello dell’acqua con il livello 0 del nostro esposimetro (che ci indica quando un’immagine è esposta correttamente, ovvero non è né sottoesposta né sovraesposta).

Facile no? Quasi come bere un bicchier d’acqua 😉

Esempio 1

Ipotizziamo ora di essere di fronte ad un bellissimo paesaggio. Decidiamo di immortalarlo; scegliamo l’inquadratura e, con i nostri settaggi manualli (M) regoliamo tempi (T) e diaframmi (F) finchè l’esposimetro non segna 0.

Dopo le regolazioni vediamo che abbiamo

T 1/4000 F 2.8 Iso 100

Scattiamo l’immagine è vediamo che è esposta perfettamente. Allora perchè cambiare tali settaggi?

Analizzando meglio l’immagine ci rendiamo conto che F 2.8 non è la giusta apertura di diaframma per l’immagine che vorremmo creare in quanto, lo ricordiamo, ci offre una scarsa profondità di campo. Mettendo a fuoco gli oggetti in primo piano notiamo come le montagne sullo sfondo risultino sfocate (allontanandoci dalla nostra intenzione).

Come fare?

Semplice. Chiudiamo i diaframmi in modo da avere una maggior profondità di campo (o DOF dall’inglese depth of field).

Portiamo dunque i diaframmi da F2.8 a F16

Dopo questo settaggio ne consegue che perdiamo luce. Nello specifico perdiamo 5 stop di luce

F 2.8 4 5.6 8 11 16 -5 STOP

Ricordando l’esempio della brocca, se abbiamo perso 5 stop di luce chiudendo i diaframmi (il rubinetto), dovremo compensare tale perdita aggiungendo del tempo. Nel nostro specifico esempio 5 stop.

T 1/4000   1/2000   1/1000   1/500   1/250   1/125 +5 STOP

A seguito del seguente aggiustamento torneremo ad avere il nostro esposimetro a 0 avendo raggiunto l’obiettivo di avere una maggior apertura di diaframma.

Esempio 2

Ecco un secondo esempio. Stiamo per fotografare una gara motociclistica. Ci posizioniamo verso il rettilineo del traguardo dove i bolidi sfrecciano alla massima velocità. Impostiamo l’esposimetro a 0 settando F e T.

Ne consegue il seguente settaggio

T 1/125 F 22 Iso 100

Proviamo a fotografare la prima moto e ci rendiamo conto che l’autodromo e la pista sono perfettamente fermi ma la moto, a causa della sua velocità, risulta molto mossa.

Proviamo a settare un tempo molto più veloce. T 1/2000 dovrebbe garantirci il congelamento della moto nel nostro frame.

Ma da T 1/125 a T 1/2000 perdiamo molta luce. Nello specifico 4 stop

T 1/125   1/250   1/500   1/1000   1/2000 -4 STOP

Similmente all’esempio precedente andremo a recuperare la luce persa. Differentemente da prima in questo caso lo faremo aumentando l’apertura di diaframma, recuperando i 4 stop perduti.

F 22 16 11 8 5.6 +4 STOP

Esempio 3

Analizziamo un ultimo caso.

Stiamo fotografando una sposa in chiesa. La chiesa, lo ricordiamo, è un’ambiente molto buio.

Settiamo la camera per avere un’immagine esposta correttamente ed ecco i nostri valori.

T 1/2” F2.8 Iso 100

Fondamentalmente in questi settaggi abbiamo due criticità. La prima è dovuta a un diaframma molto aperto che ci offre una scarsissima profondità di fuoco ( DOF ). La seconda, ben più problematica è che un otturatore a T 1/2” causerà certamente immagini mosse, sia a causa del movimento del nostro corpo, sia dei movimenti degli sposi che, seppur minimi, risulteranno molto evidenti.

Come risolvere questo caso? Estendendo la regola agli Iso.

Tale principio, infatti, non solo può, ma deve tener conto del nostro “triangolo” dell’esposizione, secondo il quale abbiamo appunto non 2, ma 3 strumenti per gestire la luce (T F Iso).

Nello specifico decidiamo di velocizzare l’otturatore e portarlo da 1/2” a 1/60, tempo che, se stiamo attenti e cerchiamo di stare più stabili possibile, ci garantirà immagini ferme. Così facendo però perdiamo 5 stop di luce.

T   1/2  1/4  1/8  1/16  1/30   1/60 -5 STOP

Discorso simile per i diaframmi. Vorremmo un’apertura di diaframma leggermente più chiusa, in modo da avere una maggiore profondità di fuoco. Avendo già poca luce però scegliamo di “accontentarci” di un solo stop. Quindi da 2.8 a 4

F 2.8   4 -1 STOP

In totale fra tempi e diaframmi abbiamo perso un totale di 6 stop di luce.

A questo punto utilizziamo gli Iso per recuperare la luminosità persa.

Per recuperare 6 stop di luce dunque porteremo gli Iso da 100 a 6400

Iso 100   200   400   800   1600   3200   6400 +6 STOP

Conclusioni

Potremmo andare avanti all’infinito a fare esempi in cui si applica tale principio.

Dobbiamo tenere presente che, quando si è agli inizi, questa è forse una delle lezioni più critiche in quanto dobbiamo sempre aver a che fare con ragionamenti matematici (seppur semplici) ed abbinare questi al fatto che stiamo cercando di fare qualche cosa di artistico. Come per il musicista che impara a padroneggiare lo strumento e usare le scale lo stesso vale per il fotografo. E’ solo l’esercizio, la dedizione alla disciplina ed il tempo che ci consentono di poter far diventare questi calcoli e ragionamenti degli automatismi.

Una volta imparati, lo posso garantire, non spaventeranno più.


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