Cinque indizi che NON sarà un viaggio fotografico

1) GLI ARGOMENTI DI DISCUSSIONE SONO DUE: CIBO E ALTERAZIONI DELLA REALTÁ

«È arrivato l’ultimo stronzo». Questo è l’epiteto più gentile che sentirò per i prossimi giorni. Ma potrebbe andare diversamente? Siamo quattro amici d’infanzia che da tempo immemore non organizzava qualcosa assieme. Questo è stato il primo degli errori fatali. Mai partire per un viaggio che vorresti fosse fotografico con un gruppo di persone che di fotografia non si interessa, se non per inviare immagini dal cellulare. Oltretutto non guido io, quindi sono relegato alle decisioni del gruppo. Altro errore marchiano: vuoi libertà di manovra? La macchina te la devi prendere. Il viaggio si esaurisce in circa quattro ore tra scherzi di dubbio gusto e battute da galera.  Arrivati al cascinale sono abbacinato dalla bellezza del posto. Aspiro lungamente finché una pacca sulla spalla quasi mi fa rimettere un polmone. Uno dei tre moschettieri mi rammenta che le valigie non si spostano da sole.

L’appartamento è piccolo, ma confortevole. La cucina è attrezzata e, non volendo farci mancare nulla, abbiamo a disposizione anche un barbecue esterno che non rimarrà immacolato a lungo. Ci sediamo attorno al tavolo, è tempo di decisioni importanti. Le nostre espressioni si fanno immediatamente gravi, si nota che la responsabilità ci carica le spalle di un fardello quasi insostenibile. Mi sembra di essere alla conferenza di Yalta.  Nessuno osa fiatare. Più che un dialogo tra persone matura mi ricorda un triello alla Sergio Leone. Poi finalmente qualcuno spara: «Allora, che si mangia?». Si aprono le danze. «E da bere allora?». Ma soprattutto: «Chi ha portato un po’ di magia?». Mi piacerebbe affermare che la sensibilità dei presenti si fosse improvvisamente accesa e che la preoccupazione fosse dare al soggiorno un senso di indimenticabile dolcezza. Ma la magia in questione, benché abbia origini naturali, promette effetti che di naturale ha ben poco.