Argentina per davvero! Quarto Atto

Mina, parte due. Socialità e Fernet a Mendoza

L’ultimo viaggio a cavallo di un Colectivo – con annessa tombolata che non mi ha visto fra i vincitori – mi avvicina alla terza tappa del viaggio: Mendoza. Ho deciso di fermarmi in questa città solo qualche giorno prima di partire da Salta, volendo proseguire nelle escursioni lungo le Ande. Per di più Mendoza e il territorio circostante sono celebri per la produzione di vino. Se il Torrontes rappresenta una delle punte in fatto di vino bianco, il Malbec è sicuramente il suo corrispettivo “tinto” ed è famoso in tutta l’Argentina. Visitare vitigni e organizzare tour in bicicletta è molto semplice, così come lanciarsi in discipline sportive piuttosto avventurose.

Mancano due ore all’arrivo e non so ancora dove alloggiare ma non posso aspettare. Indecision clouds my vision! Potrei testare un Bad and Breakfast ben recensito o fare il giovane in un ostello della gioventù. Il dubbio mi assale, non sono un po’ fuori tempo massimo per certe esperienze? Come al solito, tra le due scelte, vincono entrambe. Andrò a vedere il B&B e se non dovesse piacermi ho già prenotato una stanza a prezzi stracciatissimi – quanto mi tenta – all’ostello Mendoza Inn, che la mia brava e attempata guida cartacea mi ha suggerito. Arrivato alla stazione smanaccio per attirare l’attenzione di un taxi. Non tento la sorte con i mezzi pubblici, ho già chiesto molto al mio senso d’orientamento. Non vorrei finire come una tartaruga rivoltata di guscio.

Mi trovo di fronte al B&B – il cui nome ho già dimenticato – suono e la porta si apre come d’incanto. Un passo alla volta avanzo in una coltre di luce morbida che tutto avvolge. Come scintilla il corrimano che porta al piano superiore, come risplende il raffinato mobilio in mogano, come accecano i denti candidi della padrona di casa! Una dolce nonnina mi dà il benvenuto, un po’ incuriosita dalle mie carni lisce. Chiedo se c’è una stanza disponibile. Lei, sempre sorridente, mi squadra da capo a piedi, indecisa se succhiarmi quello che resta della mia giovinezza o lasciarmi andare. Sono finito in un museo o in una dimora per gli ultimi anni di vita di qualche morituro? Il Caronte in gonnella ha pietà di me, suggerendomi che alla mia età forse dovrei cercare alloggi alternativi. Non so se sentirmi immensamente stupido o lusingato. Stavolta vince la seconda opzione. Sono giovane.

Passato a Mendoza
Futuro a Mendoza

Mai decisione, presa da altri, fu più azzecata. Al Mendoza Inn c’è tutto quello che avrei voluto: escursioni, itinerari enogastronomici, prezzi contenuti e, udite udite, gente della mia età! Trasecolo.

In preda all’entusiasmo, sistemo le pratiche in fretta e furia. Getto i miei stracci nella stanza condivisa e conosco il primo compagno di stanza, un ragazzo di Buenos Aires. Prenoto alcune uscite tra cui rafting e parapendio! Il sogno di una vita (ho prove fotografiche che lo documentano). Esco, scatto delle foto e… Va bene, sto correndo troppo, rallentiamo un po’. Ma Mendoza è stata così: rapida, tutto d’un fiato e caotica. Dopo il raccoglimento solitario e quasi monacale di Salta, l’eccessiva mondanità.

Mendoza mi riporta a una dimensione più europea. Ricorda Buenos Aires per certi versi, ma meno tentacolare e altrettanto viva. Parlando con i compagni di ventura conosciuti all’ostello vengo a sapere che Mendoza è nota per la vita notturna. In effetti Aristides Villanueva – la via dove si colloca il Mendoza Inn – è il centro delle danze, tra mille locali e ristoranti. Un paio di ragazzi di Cordoba – una città delle medesime dimensioni di Mendoza e situata un poco più a nord – giurano che da dove vengono è ancora meglio, o peggio, a seconda dei punti di vista. Non stento a crederlo. Questi due elementi che si riferiscono a me come l’amico Tano, sono una strana e decisamente pericolosa mistura di zarrismo nostrano applicato alla specificità argentina. Con un certo orgoglio mi fanno sapere che le mine da loro sono ancora più belle. Le cosa? Per conoscere il significato abbastanza ovvio di questa parola vi rimando al vocabolario minimo.*

Tralasciando la loro fame atavica nei confronti dell’altro sesso, facendomi sentire un monaco cistercense piuttosto bigotto, i Corbensi/Cordobi/Cordobiani? sono persone estremamente gioviali e inclusive. Si esce assieme, si fa festa assieme e non sembrano propensi ad accettare un no come risposta. Quindi, se si viene invitati a qualsiasi iniziativa, bisogna accettare, punto. Volente o nolente, mi farò trascinare da loro.

Il mio programma non subisce particolari deviazioni. La prima delle tre escursioni mi porta direttamente sull’omonimo fiume Mendoza. Un pomeriggio dedicato al rafting in compagnia di un gruppo di giovani professionisti provenienti da ogni angolo dell’America Latina. In questa particolare circostanza ho avuto davvero un saggio di quanto lo spagnolo possa assumere cadenze e inflessioni particolarissime. Messicani e Colombiani parlano una lingua diversa per conto mio. L’escursione è ben organizzata: un’infarinatura generale per chi non ha mai praticato – come il sottoscritto – poi giù lungo le rapide del Rio Mendoza. Divertente e non particolarmente difficile.

Il secondo giorno è dedicato al Cerro Aconcagua, la vetta più alta delle Ande. Il solito furgoncino raccatta una varietà eterogenea di materiale umano prima di partire per le montagne. Tra questi suscita in me particolare invidia una ragazza israeliana di ventidue anni, partita per un viaggio in giro per il mondo, dopo aver raccolto il denaro necessario lavorando come maestra. Ammirevole davvero. La scarpinata verso l’Aconcagua lascia un po’ l’amaro per la bellezza che il paesaggio offre e la scarsa libertà di manovra che certe uscite guidate permettono. Fossi stato un po’ più organizzato sarei riuscito a trovare forse un gruppo più interessato al trekking, ma tant’è, c’è sempre tempo per tornare no? Nel frattempo vi/mi ingolosisco con qualche cartolina ricordo.

Cerro Aconcagua
Carro Aconcagua. Un poco più lontano

Come detto, non c’è molto tempo per ammirare il paesaggio. Dovendo rispettare un piano ben preciso ci rimettiamo in…

…strada.

Nel tragitto c’è stato il tempo di visitare i ruderi di una vecchia linea ferroviaria che attraversava le Ande. Costruita tra fine Ottocento e inizi Novecento dai fratelli anglo-cileni Juan e Mateo Clark, la Trasandina attraversava la cordigliera unendo Cile e Argentina. Hanno impiegato qualcosa come quarant’anni per terminarla e i due probi fratelli non hanno mai visto l’opera conclusa.

Stazione Ferroviaria della Trasandina
Ferrocarril Trasandino

Prima di tornare al Mendoza Inn abbiamo tempo per un’ultima visita. Il tempo e la natura hanno dato vita a un’opera stupefacente, il Puente del Inca. Si tratta di un arco naturale che si apre sopra il fiume Vacas, un affluente del Rio Mendoza.

Puente del Inca

Non ho più accennato alla mia esperienza da fotografo per una ragione molto precisa. Come immaginavo la pressione di voler dimostrare un minimo di attitudine, unita al timore di presentare un lavoro non all’altezza, mi ha fatto svalvolare. Senza vergogna pubblico un carteggio avuto con il buon Emanuele Bresciani sul quale riversavo tutti i miei isterismi. Scene da un matrimonio mai sbocciato.

Ma ehi, alla fine qualcosa ho portato a casa. Non demordete o voi che amate la fotografia, bisogna pur sbagliare per ottenere qualcosa. Se mi avessero detto una cosa del genere in quel momento sarebbe scappato il morto.

Fortunatamente ci sono i compari dell’ostello con i quali dirigere i pensieri altrove. Stasera si festeggia San Patrizio! Effetti della globalizzazione suppongo. Aristides Villanueva si riempie di gente e noi ci prepariamo con bottiglie di Fernet, ghiaccio e Coca Cola. Il cocktail più bevuto in ogni dove in quel dell’Argentina. Intruglio diabolico e davvero incomprensibile. Tuttavia non voglio fare lo schizzinoso e ingurgito senza troppi problemi. Dopo mille tentativi infruttuosi di conoscere le bellezze del posto, alla fine trasciniamo un gruppetto di ragazze in una discoteca non troppo lontana. La maggior parte di loro ha la mia età e figli a carico. Rimango stupefatto, così giovani? Beh, forse non così giovani. La serata procede in qualche modo…

Il rettangolo nero è più o meno ciò che ricordo. Devo essermi divertito un mondo. Mi ritrovo con l’amico porteño, anche se proprio porteño non è (per la spiegazione vi rimando al solito vocabolario minimo) a spiluccare una medialuna con del caffé nel refettorio dell’ostello. Lui tra una mezz’ora dovrà partire per un’escursione. Auguri, sono le sette e mezza del mattina e vorrei morire. Tra le foto che il mio cellulare ha conservato c’è pure questa:

Festa di San Patrizio a Mendoza

La palla da bowling è uno degli amici di Cordoba.

Ci siamo divertiti davvero un mondo allora!

L’ultimo giorno lo dedico al capriccio di una vita: il parapendio. Mi ero sempre ripromesso di provarci . Così prendo al balzo l’occasione e accetto la sfida. Volteggiare sopra Mendoza, non troppo distante dai primi rilievi andini, è qualcosa di indescrivibile. Certo, sei più uno spettatore che altro, però la vista ripaga il terrore iniziale. Che ne dite?

Da qualche parte sopra Mendoza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

—> Vocabolario minimo

Boludo: di base avrebbe un significato negativo, ma lo usano tutti senza troppi patemi.

Culiado: non l’ho capito molto bene. È un po’ come boludo con una sfumatura leggermente più negativa. Usato principalmente a Cordoba. Così almeno mi hanno spiegato.

Mina: ragazza.

Porteño: abitante di Buenos Aires , il che esclude la maggior parte della popolazione dell’immenso territorio urbano della capitale.

Tano: italiano.